È il febbraio del 1917 e in Europa infuria la Grande Guerra. Pablo Picasso, che ha solo 36 anni ma è già il grande pittore che ha guidato la rivoluzione cubista, arriva per la prima volta in Italia. A cento anni da quel viaggio che segnò tanto la sua arte quanto la sua vita privata (proprio a Roma, mentre preparava i costumi e le scene per i Ballets Russes di Diaghilev, conobbe Olga), le Scuderie del Quirinale hanno celebrato Pablo Picasso con una grande mostra che ha concluso le manifestazioni, aperte a primavera, dedicate al gran tour dell’artista spagnolo nel nostro paese.
La mostra dal titolo “Picasso. Tra Cubismo e Classicismo 1915-1925” ha raccolto un centinaio di capolavori esposti e scelti dal curatore Olivier Berggruen, in collaborazione con Anunciata von Liechtenstein, con prestiti di musei e collezioni eccellenti, dal Musée Picasso e dal Centre Pompidou di Parigi alla Tate di Londra, dal MoMa e dal Metropolitan Museum di New York al Museum Berggruen di Berlino, dalla Fundació Museu Picasso di Barcellona al Guggenheim di New York.
La mostra si è soffermata in particolare sul metodo del pastiche, analizzando le modalità e le procedure tramite le quali Picasso lo utilizzò come strumento al servizio del modernismo, in un percorso dal realismo all’astrazione tra i più originali e straordinari della storia dell’arte moderna. L’esposizione ha illustrato gli esperimenti condotti da Picasso con diversi stili e generi: dal gioco delle superfici decorative nei collage, eseguiti durante la prima guerra mondiale, al realismo stilizzato degli “anni Diaghilev”, dalla natura morta al ritratto.
A Palazzo Barberini poi, nel grandioso salone affrescato da Pietro da Cortona, è stato esposto, per la prima volta a Roma, il sipario dipinto per Parade, una immensa tela lunga 17 metri e alta 11. L’architettura di Bernini è stata la cornice per un emozionante dialogo tra l’opera di Picasso e il grande affresco barocco.
con Lucio Caracciolo, Francesca Cappelletti e Francesco Freddolini
Roma nel Seicento era crocevia mondiale di scambi culturali e artistici. Fin dalla metà del Cinquecento, cuore pulsante della diplomazia papale con i suoi palazzi, basiliche, biblioteche, colori, artisti, artigiani e nobili poliglotti, Roma si configurò, citando Montaigne, come “un mondo infinito”. Francesca Cappelletti e Francesco Freddolini, curatori della mostra, insieme a Lucio Caracciolo, studioso di geopolitica e direttore della rivista Limes, affrontano il tema della globalizzazione: il mondo interconnesso di allora e il mondo interconnesso di oggi di fronte ai grandi cambiamenti sociali, politici ed economici.
con Carlo Vecce, Francesca Cappelletti e Francesco Freddolini
“Il sorriso di Caterina. La madre di Leonardo” è il romanzo del filologo Carlo Vecce che, sulla base di molteplici scoperte di carattere scientifico e sul ritrovamento di numerosi documenti, riscrive la storia dell’origine del genio da Vinci. Francesca Cappelletti e Francesco Freddolini, curatori della mostra, insieme all’autore del libro affrontano la biografia di Leonardo e il racconto delle avventurose vicende della madre: una storia di multiculturalismo e di intrecci culturali, un’umanità varia, infinita, che forse non ci aspetteremmo, una narrazione che parla di arte e di libertà.
con Antonella Romano Francesca Cappelletti e Francesco Freddolini
Francesca Cappelletti e Francesco Freddolini, curatori della mostra, dialogano con Antonella Romano addentrandosi nell’epoca dell’inglobamento del mondo da parte europea; un viaggio tra la riscoperta dell’estremo Oriente e l’ingresso – attraverso missionari, ambascerie e carte geografiche – della Cina e del Giappone nell’immaginario e nei saperi occidentali.